Raggiunsero
un ampio chiostro. L’aria era satura dei vapori d’incenso che esalavano dai
bracieri. Un silenzio innaturale era calato sui corridoi. Ullr depose la donna
e il mercenario svenuto. Dal fodero di quest’ultimo rimosse la scimitarra, ne
piegò senza sforzo la lama di acciaio e la gettò lontano.
«Molte
terre io ha viaggiato», disse Jin BaoBao, quando ebbe ripreso fiato. «Ma mai
prima di oggi ha incontrato grumo così maleducato.»
«Mbof»,
confermò Ullr, sfregandosi con la mano grossa come un badile il sudore dalla
fronte.
La
donna li guardava, li studiava, in silenzio.
«Tu
sta bene?» le domandò Jin BaoBao.
Lei
rispose con un cenno del capo.
«Molto
bene. Allora noi prende venerabile teppista e toglie disturbo. Noi consiglia di
stare lontano di grumo. Grazie e arrivederci.»
«Aspettate»
esclamò lei. «Non potete andarvene così.»
Jin
BaoBao e Ullr si scambiarono uno sguardo perplesso. «Perché no?»
«Io...
ho bisogno di aiuto.»
«A
questo mondo tutti bisogno di qualcosa. Poveri bisogno di soldi. Ricchi bisogno
di salute. Io bisogno di cumino per zuppa di cena. Ma cumino finito. Vita
amara. Arrivederci.»
«Voi
non capite! La creatura che ci ha assaliti prima è... il mio sposo.»
Jin
BaoBao e Ullr si scambiarono un ulteriore sguardo perplesso. «Tu moglie di
grumo?»
«Sì.
Cioè no. Quando ci siamo sposati non era un... grumo» la donna trasse un
profondo sospiro. «Era il principe di Taif.»
«Tu
dice: prima principe, poi sposato e diventato grumo?»
«Sì.»
Anche
Jin BaoBao trasse un profondo sospiro. «Sempre detto io che matrimonio non fa
bene di salute.»
«Non
è stato il matrimonio. È stato
Shakalaka DOOOM!»
«Shakalaka Doom?»
«No,
Shakalaka DOOOM!»
«Va
bene. Non urlare.»
«Ha
stretto un patto come demoni antichi per sottomettere Nebotep.»
«Chi
è Nebotep?»
«Il
principe.»
«Cioè
il grumo?»
«Sì.
Cioè no. Insomma! Il mio nome è Neperura, moglie di Nebotep, legittimo sovrano
di Taif. Shakalaka DOOOM era il ministro del tempio di Ishkibal. Sarebbe stato
anche reggente al trono, fino a quando Nebotep non avesse raggiunto l’età per
governare. Un brutto giorno il principe si ammalò di un morbo sconosciuto.
Shakalaka DOOOM si offrì di curarlo, ma ciò che fece realmente fu sperimentare
su di lui le arti blasfeme che aveva appreso dai demoni di cui da tempo era
divenuto discepolo. Con la scusa del pericolo di contagio, egli tenne il
principe prigioniero nelle segrete del tempio, torturandolo e cambiandolo secondo
il suo gusto perverso. Quando ho scoperto la verità, sono corsa in cerca di
aiuto. Ma nessuno in città vuole darmi ascolto, hanno troppa paura della magia
di Shakalaka DOOOM. Anche i soldati obbediscono a ogni suo ordine. Quando hanno
scoperto dove mi nascondevo, sono fuggita nel deserto. Lì ho trovato quell’uomo
e il suo compare; dovevano aiutarmi a liberare il mio sposo, ma...» La giovane
represse un singhiozzo. «Non oso immaginare cosa possa avergli fatto Shakalaka
DOOOM per ridurlo a ciò che è ora.»
«Non
male questa frittella di pancetta e noce moscata». Presso uno dei bracieri, Jin
BaoBao abbrustoliva due sfoglie di riso direttamente sui tizzoni. «Ma ci vuole
più pepe. Molto più pepe di così». E continuava a speziare le frittelle
spargendo grani macinati ovunque, fino a svuotare la pepaiola.
«Ma
mi state ascoltando!?»
«Io
prepara colazione, notte movimentata mette appetito. Tu vuole un po’?»
«Dovete
aiutarmi!» disse la giovane, all’apice dell’esasperazione. «Shakalaka DOOOM è
un uomo spietato. E pericoloso. La sua ambizione non si placherà con la città di
Taif. Deve essere fermato.»
«Venerabile
moglie di grumo», disse Jin BaoBao. «Temo che fra noi c’è malinteso. Noi molto
dispiaciuti per tuo marito grumo e tuo visir briccone. Ma noi venuti qui solo
per pagamento di danni alla locanda.»
«Locanda?
Che locanda?»
«Locanda
di mio amico Ullr. Piccolo locale, ma di buona birra e cucina ottima (infatti
cuoco è io)». Jin BaoBao fece un cerimonioso gesto di modestia. «Durante
stagione di cavolo rosso, venerabili teppisti viene a locanda di Ullr a mangiare
di grasso e bere di forte. Più forte loro beve, più forte loro parla; così
disturba altro cliente gentile che chiede di fare un po’ più piano per favore.
Allora venerabili teppisti rompe sedia su schiena di cliente gentile. Tu sa
come va questa cosa. Presto tutti rompe cose su tutti altri, fino a che non c’è
più nulla di piccola locanda di Ullr. Quando rissa finisce, teppisti spariti.
Allora noi fa elenco di cose rotte e parte per viaggio di cercare venerabili teppisti.
Questo era di sedici lune fa.»
«Insomma
è una questione di soldi». Neperura estrasse dalle pieghe della veste un rubino
grosso come un’albicocca matura. «Prendete, è vostro. L’intero tesoro di Taif
sarà vostro, se mi aiuterete a fermare Shakalaka DOOOM.»
Jin
BaoBao fece un inchino affettato. «Molto grazie, ma non è tu che ha rotto cose
di locanda. Noi non può accettare.»
«Avete
paura?»
«Un
po’ anche quello, sì.»
«Vi
prego!» Neperura si inginocchiò davanti ai due uomini, premette la fronte
contro il pavimento gelido del cortile. «Shakalaka DOOOM mi ha portato via
tutto quello che avevo. Ha rubato il mio trono, ha trasformato il mio sposo in
un mostro, tiene in pugno l’intera popolazione. Non esiterà a uccidere ogni
uomo, donna e bambino di Taif per nutrire il suo potere. E quando avrà
consumato tutta la città, partirà per sottomettere un nuovo regno.»
Jin
BaoBao e Ullr si scambiarono un ultimo sguardo perplesso. «Tu cosa pensa, Ullr?»
«Mbof.»
«Quello
che pensava anche io». Jin BaoBao sorrise e si inchinò. «Molta fortuna per
vostro popolo, venerabile moglie di grumo. Piacere di avere conosciuto.
Andiamo, Ullr.»
«Altolà,
imbecille!»
Non Neperura,
ma una voce di uomo aveva impartito il comando. Bastò il suono di quelle parole
perché Ullr si immobilizzasse con una sollecitudine sorprendente, persino
innaturale. Dalla penombra del corridoio era emersa una figura ammantata di
porpora e oro, il cui capo era cinto da un diadema di onice adornato dall’effige
di un marabù ad ali spiegate.
«Che
succede, Ullr? Tu non sta bene?»
Ullr
non rispose. Guardava fisso in avanti, i muscoli contratti, paralizzato nella
suggestione di un movimento.
«Il
vostro amico non farà una mossa fino a che non sarò io a volerlo», disse l’uomo
col diadema, beffardo. «Oggi ho già fatto un buon pasto, ma rimane ancora un
poco di spazio per il dessert. Vediamo, da chi potrei cominciare... Forse da
quello grosso e succulento? O dal piccoletto con i baffi? Oppure», le pupille
vitree guizzarono nel cavo dell’orbita, roteando come occhi di lucertola. «Oppure
potrei cominciare dalla principessa». Nella voce dello stregone risuonò una
nota di scherno. «So che avete già incontrato vostro fratello. Mi auguro che
l’affetto fra di voi non sia stato mutato dal suo nuovo... aspetto.»
La
rabbia e l’odio nello sguardo che Neperura restituì al ministro traditore erano
decuplicati dalla consapevolezza della propria impotenza.
«Fratello?»
s’intromise Jin BaoBao. «Non aveva detto marito?»
«Mai
detto marito», disse la giovane. «Sempre fratello.»
«Io
è sicuro di avere sentito marito.»
L’uomo
del nord si mosse. Non di molto, invero: tutto ciò che gli riuscì fu serrare un
pugno, tentare l’inizio di un passo.
«Ho
detto fermo tu!»
Lo
stregone Shakalaka DOOOM avanzò verso il centro del cortile, il braccio levato
in un gesto mistico di comando. Il passo di Ullr dovette interrompersi, il
pugno si congelò a mezz’aria. Un tremito attraversò la muscolatura del collo,
la folta peluria del volto gemmava di sudore.
«Sembra
che magia si sta indebolendo», disse Jin BaoBao, con una specie di cordialità.
«Io conosce questo genere di ricetta. Tu sbaglia tutto. Tu prende anima di
sofferente. Anima di sofferente stopposa, poco nutriente. Tu deve prendere
anima felice se tu vuole gustare aroma pieno e memorabile. Come maiale con
fungo nero e bambù. Se maiale morto triste, rovina tutto sapore.»
Shakalaka
DOOOM tacque, e per un momento il suo silenzio parve nascondere un dubbio,
forse persino un turbamento. Ma presto proruppe in una risata infernale: «Che
importa! L’anima dei mortali non è che alimento per Colui che Eternamente Vive.
Il popolo di Taif esiste per nutrire gli appetiti insaziabili di Galdar-Mesh.
Quando avrà compiuto il suo destino, non dovrò fare altro che spostarmi nella
prossima città... o nel prossimo impero? Presto sarò abbastanza potente da
possedere tutte le anime di cui ho bisogno, e nutrire la potenza di Galdar-Mesh
che attraverso me si manifesta – per sempre.»
Mentre
lo stregone parlava in questo modo, Huzziya riprendeva i sensi. Non ricordava
da dove venisse il sangue raggrumato sul suo labbro, e gli parve di sentirsi il
naso più piatto del solito: ma l’imminenza del pericolo lo riportò presto al
presente. Cercò la scimitarra al proprio fianco, e sbalordì quando la ritrovò
piegata dall’altra parte del chiostro. Ciò lo dissuase definitivamente dal
proposito di ingaggiar battaglia. Invece, approfittando del fatto che nessuno
si curava di lui, cominciò pian piano a strisciare in direzione del corridoio.
«Dove
pensi di andare tu?»
La
voce di Shakalaka DOOOM corse come veleno nelle vene del mercenario. Trovandosi
scoperto, Huzziya balzò in piedi e si precipitò verso l’uscita.
Non
vide così la sua stessa scimitarra sollevarsi da terra e raddrizzarsi, come per
opera di poderose mani invisibili, né la udì sfrecciare a mezz’aria in risposta
a un breve gesto dell’incantatore; ma riconobbe il colore del sangue gocciolare
dalla lama che gli attraversò il petto un attimo dopo. L’ultima espressione che
ebbero i suoi occhi prima di spegnersi fu di sincera meraviglia.
Shakalaka
DOOOM levò le palme al cielo. «Nessuna anima va sprecata!» proclamò. La sua voce
cambiò in una cantilena atona, che richiamava potenze immonde dagli abissi più
remoti dello spazio e del tempo.
Shaä nāqba kmûru ïna qereb lïbbï āliïm...
Il
corpo che era stato di Huzziya annerì e si contorse come pergamena sulla
fiamma; un vapore evanescente si levò dalla gola e dal vuoto delle orbite.
Ravvivarono le braci nei bracieri, eccitate da un vento innaturale, e l’odore
di incensi e carne bruciata crebbe in intensità, e spirali di nebbia si
mischiarono ai vapori che erano l’anima dell’avventuriero. Quando la nenia
cessò, Shakalaka DOOOM si preparò ad accogliere l’essenza vitale della sua
ultima vittima nelle proprie narici.
Non
aveva risucchiato che un piccolo batuffolo vaporoso quando un colpo di tosse lo
costrinse a prendere una pausa.
Poi
un altro.
E un
altro.
Più
si sforzava di aspirare, più i singulti gli squassavano il petto – e starnuti,
sempre più frequenti, sempre più forti.
«Chi
è sta—CUOOOGH!» tossì. «Chi diavolo ha messo del... COFF COFF... pepe nei miei
bracie—e—eee—ETCIUUUM!»
«Venerabile
usurpatore vuole scusare il suo indegno servitore; io voleva solo insaporire un
po’ la focaccia di spuntino. Ecco, ora io aiuta a pulire faccia con pomata che
fa passare bruciore.»
«AAAAAAAAH
I MIEI OCCHI.»
«Ops,
quest’uomo senza talenti chiede perdono. Era salsa di rafano piccante.»
«IL
DOLORE È INSOPPORTABILEEEEEH!»
«Venerabile
usurpatore vede che tutto passa se respira questi sali corroboranti.»
«STAI
LONTANO DA MEEEEEEEEH!»
«Ah
no, era essenza di peperoncino soffio di drago. Molto gustoso ma molto forte,
sì.»
In
qualche modo Shakalaka DOOOM raggiunse la vasca davanti all’altare; a mani
piene raccolse il sangue sul fondo e lo usò per sciacquarsi la faccia. Quando
si rialzò, il suo volto era una maschera di odio e cruore: «Ora pagherete per
il vostro affroNGH—»
Lentamente,
molto lentamente, Ullr aveva lottato contro il nodo psichico che lo tratteneva
fino a spezzarlo, e lentamente, molto lentamente, le sue nocche nodose avevano
raggiunto lo zigomo di Shakalaka DOOOM. L’impatto aveva impresso al collo dello
stregone una rotazione di cento e ottanta gradi, o comunque abbastanza da
polverizzare le vertebre superiori. Il corpo di Shakalaka DOOOM fu sollevato
dal suolo e piroettò fino all’imboccatura del medesimo corridoio da cui era
poc’anzi emerso. Ullr, di nuovo padrone dei propri movimenti, si sgranchì le
spalle, preparandosi a rincarare la dose. Ma lo stregone aveva già cessato di
muoversi.
«Tu
è diventato lento, vecchio mio», disse Jin BaoBao. «Ai vecchi tempi tu
picchiava venerabile usurpatore molto tempo fa.»
«Mbof»,
ammise Ullr, mentre aiutava Neperura a rialzarsi. Il viso della giovane era
contratto in una smorfia sbigottita, che attendeva solo di distendersi in un
sorriso di sollievo. A lungo ringraziò i due stranieri, promettendo onori infiniti
e generose ricompense. Quando tornò a rivolgersi al corpo di Shakalaka DOOOM,
tuttavia, il sollievo si tramutò in orrore.
Lo
stregone si era rialzato. Come il falegname incastra la testa del manichino,
così egli raddrizzava il proprio capo sulle spalle. Gli occhi di vetro si
dischiusero, le labbra si contrassero in un ghigno beffardo. «Stolti! Ci vuole
altro per sottomettere la potenza di Colui che Eternamente Vive». Shakalaka DOOOM
fece un gesto di minaccia; istintivamente Neperura tentò di ripararsi con un
braccio, salvo scoprire che il suo corpo non le obbediva. Con la coda
dell’occhio cercò gli stranieri, e il sangue le gelò nelle vene appena capì che
essi pure erano paralizzati dalla magia di Shakalaka DOOOM. Quando si rivolse
di nuovo a Shakalaka DOOOM, ciò che vide la lasciò completamente sconvolta.
«Come
dicevo poc’anzi, ora pagherete per la vostra insolenza», disse con calma lo
stregone. E per l’ultima volta l’aria si riempì della cantilena infernale:
Shaä nāqba kmûru inAGHA—!
Non
era stata la resurrezione di Shakalaka DOOOM a sconvolgere la regina Neperura;
o non solo. Dall’oscurità del corridoio era emerso un tentacolo, presto seguito
dal corpo immondo delle bestia strisciante. Lo stregone ebbe appena il tempo di
pronunciare un’esclamazione sacrilega, forse il principio di un nuovo sortilegio,
prima che un’appendice abominevole lo avviluppasse per i fianchi. Poi un fluido
putrescente gli colmò la gola, ed egli stesso sprofondò nella pozza di informe
carne gorgogliante che era il corpo della creatura del caos. L’orrido banchetto
produsse sulla creatura un effetto sconcertante. Come se una lotta micidiale
avesse luogo all’interno del suo corpo, la bestia emise un suono lacerante,
dilatandosi e comprimendosi in modo sempre più inarticolato. Un boato salì dal
suolo, come se al lamento dell’essere immondo avesse risposto il grido
primordiale che era la rabbia di Galdar-Mesh, il dio deforme e insaziabile che
eternamente divora il proprio fegato nelle viscere della terra. Caddero blocchi
di pietra e marmo; caddero le colonne. Insieme alla magia di Shakalaka DOOOM
collassava il tempio intero, mentre il ciclo furioso della mutazioni del caos
senza nome non accennava a placarsi.
«Io
suggerisce che noi toglie disturbo», disse Jin BaoBao, quando fu di nuovo
padrone dei propri movimenti.
«Mbof»,
approvò Ullr.
«Ma
non possiamo lasciarlo qui», protestò Neperura. «È mio fratello!»
«Se
moglie grumo vuole rimanere, noi non insiste. Arrivederci.»
Con
un rapido inchino Jin BaoBao balzò oltre una breccia nel muro. Ullr lo seguì,
ma prima di sparire nell’ombra rivolse un’ultima esortazione alla principessa,
che fissava con disperazione il corpo mutevole della bestia, creato dal potere
di un demonio immortale, e che di un demonio dalle fattezze umane tentava ora
di nutrirsi. Volti innumerevoli galleggiavano sulla massa di caos furibondo;
fra questi uno indugiò più a lungo. Un viso giovane e bello, segnato da
un’infinita malinconia. Non una richiesta di aiuto fu ciò che la principessa
trovò nell’ultimo sguardo che il giovane le rivolse, prima di essere nuovamente
inghiottito, ma un addio.
Neperura
volse le spalle e corse oltre la breccia.
6.
Il
grasso gocciolava copioso dal trancio sulla griglia. L’aria si riempì
dell’odore di carne rosolata, che si mescolava a un aroma pungente ed esotico.
«Frittella
con pancetta, noce moscata e pepe nero. Nuova ricetta, gustosa e delicata.»
Jin
BaoBao servì la frittella su un piatto di legno, guarnito con bacche di mirto e
foglie di salvia impanate, mentre Ullr spillava da una botte un generoso
boccale di cervogia bruna.
«Mbof»,
spiegò.
L’avventore
al bancone svuotò in un attimo piatto e boccale.
«Fenomenale»,
disse, con la bocca ancora piena e i baffi umidi di schiuma. «Il vostro chiosco
è il migliore di tutta Hellgard. Tornerò spesso.»
«Vostro
servitore senza talenti è indegno di tanta stima, ma felice di rivedere ancora
voi. Porta tanti amici e buona vita.»
L’avventore
lasciò una lauta mancia e se ne andò in un tripudio di festose flatulenze. Ullr
ritirò piatto e boccale e li sciacquò in un tino di acqua torbida.
«Aprire
chiosco di frittelle in capitale è stata grande idea, amico mio», disse Jin
BaoBao, scolando il grasso liquefatto dalla griglia. «Se continua così, noi
presto può riaprire piccola locanda. Poi grande locanda. Poi catena di locande.
Io ha grandi progetti.»
«Mbof.»
«Sì,
meglio non correre troppo. Bisogna stare attenti a cliente che facciamo
entrare. Noi non vuole altra rissa». Jin BaoBao si arrotolò un baffo sottile,
mentre il sole concludeva la sua parabola oltre i colli occidentali. «Noi
dovrebbe mandare piccolo regalo a venerabile moglie di grumo. Quando perso
rimborso di teppisti, lei stata molto gentile a finanziare nuovo chiosco.
Insistito tanto che dovuto accettare. Ora che lei è regina di Taif, tutto va
bene. Non pensi anche tu, Ullr?»
«Mbof.»
«In
effetti, anche io ha stessa sensazione. Come di avere dimenticato cosa molto
importante. Ma proprio non riesce a ricordare cosa.»
«Scusate»,
disse una voce. «Mi hanno detto che fate una buona offerta su birra e
frittelle». Un uomo con un cappuccio sdrucito e il mantello tutto una toppa si
era seduto al banco del chiosco; sul viso cresceva una barbetta ispida e rada.
«Voi
dice bene», rispose Jin BaoBao, cordiale. «Noi offre sgabello e tu paga buona
birra e frittelle.»
L’uomo
sorrise e mise sul banco una moneta; presto il grasso ricominciò a colare, la
birra a spillare, e fu la fine di un’altra buona giornata nella città di Hellgard.
Intanto, a molte miglia di distanza, una rivoltante massa di carne amorfa,
divenuta ciclopica per le innumerevoli creature assimilate, strisciava sulle
sabbie del deserto e lentamente, molto lentamente, si avvicinava.
FINE (per ora)